di William Styron
Un libro “pericoloso”, un libro “da evitare” o un libro “rivelazione”?
Non è per tutti facile avvicinarsi a un libro del genere memoir come quello di Styron, scrittore e drammaturgo statunitense, originario della Virginia a cui fu sempre molto legato, che descrive con incredibile distacco e con grande accuratezza la sua personale discesa agli inferi nella depressione, malattia tanto diffusa quanto misconosciuta.
Rivelatrici anche alcune definizioni che l’autore riporta in relazione alla malattia: già il titolo ‘oscurità trasparente‘ è innovativo rispetto alla generale definizione della depressione come “male oscuro”.
Ma soprattutto è il paragone con la “tempesta mentale (brainstorm)” che meglio di ogni altro rende l’idea: originariamente definita semplicemente col termine “malinconia”, la depressione deve la sua definizione allo psichiatra svizzero Adolf Meyer, che forse non si rese conto del torto che avrebbe fatto a tutti coloro che ne soffrono utilizzando per la malattia lo stesso termine che descrive una recessione economica o un abbassamento di livello del terreno… Invece “tempesta mentale” rende il giusto riconoscimento ai disturbi emotivi che si trasformano in uragano cerebrale, alla complessa mescolanza di fattori chimici, comportamentali e genetici che sconvolgono l’esistenza di coloro che ne sono colpiti e di chi è loro legato affettivamente.
Personaggi di prima grandezza sono caduti nella depressione: Vincent Van Gogh, Virginia Woolf, Cesare Pavese, Jack London, Ernest Hemingway, Primo Levi, Hart Crane, Romain Gary, Sylvia Plath, Tadeusz Borowski.
“Pensando a questi uomini e a queste donne, condannati e splendidamente creativi, si è portati a soffermarsi sulla loro infanzia, il periodo in cui i semi della malattia mettono radici; non potrebbe ognuno di loro aver avuto un presagio della labilità, di questa sottile fragilità, della sua psiche? E perché questi furono annientati, mentre altri, pur colpiti allo stesso modo, sopravvissero?”